Doc: Matilde Gioli ha rischiato di restare paralizzata
Nella fiction è innamorata di Luca Argentero, nella vita Matilde Gioli si dichiara single. A DiPiùTv la protagonista di Doc – Nelle tue mani racconta che diventare dottore era nel destino e che da giovane ha rischiato di essere paralizzata a causa di un incidente…
“Tornare sul set di Doc – Nelle tue mani è stata una gioia immensa, un’emozione difficile da descrivere a parole”. Parole a DiPiùTv Matilde Gioli che nella fiction di Rai 1 interpreta la dottoressa Giulia Giordano. La serie televisiva con ascolti stellari: una media di circa otto mi- lioni di telespettatori gli ha regalato un successo inaspettato. “Questo successo mi ha riempito il cuore. Per me Doc – Nelle tue mani era una sfida, era la mia prima serie TV lunga, con un ruolo da protagonista E all’inizio avevo un po’ di timore: è andata in onda tra marzo e aprile, in pieno lockdown, perciò temevo che una serie ambientata in ospedale, in un periodo così terribile, potesse essere giudicata fuori luogo…”. E invece ha avuto un grandissimo successo che continua in questa sua seconda stagione.
Domanda. Verrà girata anche la terza stagione: conferma? Risposta: “Sì, si farà, ma non so ancora quando. Nel frattempo, ho iniziato le riprese di un nuovo film per il cinema”.
Matilde ha trascorso due anni d’inferno
Una serie che Matilde Gioli sente particolarmente vicina a sè. “Perché la medicina ha sempre fatto parte della mia vita. Io sono figlia di un medico, e sono cresciuta sognando di seguire le orme di papà”. A DiPiùTv Matilde racconta anche il suo dolore, un dramma che ha rischiato di cambiare la sua esistenza. “Avevo sedici anni, ero in Inghilterra per una vacanza studio e un giorno, in piscina, un ragazzo si è buttato da un trampolino di cinque metri ed è “atterrato” su di me, spaccandomi cinque vertebre: ho rischiato di perdere l’uso delle gambe. Sono rimasta in ospedale, a Londra, per un mese e mezzo. E una volta rientrata in Italia, sono dovuta rimanere per altri due mesi a letto, immobile”.
“Indossavo un busto di ferro, che ho dovuto tenere per tutta la riabilitazione – racconta ancora al settimanale – durata un anno e mezzo: un periodo in cui ho dovuto limitare al massimo gli spostamenti ed evitare qualsiasi luogo affollato, perché non potevo prendere neanche il minimo colpo alla schiena. Praticamente, quella è stata la mia prima quarantena…”.