Chiara Ferragni copia Moon Boot: costretta al risarcimento

Guai per Chiara Ferragni: il tribunale di Milano ha decretato che gli Snow boot creati dall’imprenditrice sono un plagio dei Moon Boot, e ha disposto il ritiro dal mercato. Non solo. Previsto pure il risarcimento a favore di Tecnica, l’azienda che li ha ideati 52 anni fa e che si è ispirata agli stivali indossati da Armstrong durante lo sbarco sulla luna.

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Insomma, i Moon Boot sono un’opera di “ingegno industriale” e, come tali, protetti da tutte le leggi che regolano il diritto di autore: aggiungere “lustrini o una firma, non bastano per farne un prodotto proprio”: così dicono i giudici.

Chiara Ferragni Collection copia Moon Boot

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Di questa battaglia e della clamorosa vittoria giudiziaria, ne dà conto Repubblica.it. Una battaglia che va avanti da un po’ di tempo e che aveva trovato anche uno stop, con un accordo che vietava all’azienda della Ferragni di creare altre calzature di quel tipo: l’accordo è stato disatteso e, quindi, è ricominciato il procedimento giudiziario. Che si è concluso il 25 gennaio scorso, con la disposizione da parte del Tribunale di Milano di ritirare tutte le copie sul mercato degli Snow Boot griffati Ferragni e con un risarcimento

Plagio della Ferragni, come nascono i Moon Boot del gruppo Tecnica

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Il prodotto, sul mercato da 52 anni, è ispirato alle calzature indossate da Neil Armstrong, nella sua prima camminata lunare: tutte le conoscono e non hanno di certo bisogno di presentazioni. È una scarpa leggera e impermeabile, realizzata con materiali come la schiuma di poliuretano e il nylon. Come racconta Repubblica.it , Giancarlo Zanatta, l’ideatore che ha 80 anni,  segue ancora con entusiasmo tutto quello che accade alla sua invenzione e racconta:

“Era il 1969, mi trovavo alla Grand central station di New York per incontrare un importatore americano. Appesa c’era una foto enorme dello sbarco sulla luna di poche settimane prima. Mi colpirono lo scafandro ma soprattutto l’impronta, così innaturale, ovale. Ho fatto tante scarpe con le mie mani ma una cosa del genere non l’avevo mai vista. Già sull’aereo, durante il viaggio di ritorno in Italia, ho iniziato a disegnare alcuni schizzi e a pensare al nylon come materiale, proprio come per gli astronauti”.

In 50 anni sono state vendute 25 milioni di paia e ora il Moon Boot è esposto anche al Museum of modern art di New York.

Chiara Ferragni e la battaglia giudiziaria

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La battaglia legale del gruppo industriale, che ha sede a Treviso,  è iniziata quando sul mercato sono arrivati gli “snow boots” di Chiara Ferragni,  tramite la società he gestisce il brand Chiara Ferragni Collection. La somiglianza tra “gli stivali impermeabili” della Ferragni e i Moon Boot della Tecnica è palese e, quindi, è partita l’azione legale. Tre anni fa era stato siglato un patto tra le  società della Ferragni e il Gruppo Tecnica, che conteneva la promessa di non copiare più. Ma il patto è stato disatteso e l’azienda trevigiana ha intentato una nuova causa.

Ferragni nei guai: ritiro dal mercato e risarcimento

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Il Tribunale di Milano, quindi, con la sentenza di gennaio scorso, ha disposto il ritiro di tutte le copie dal mercato e pure il risarcimento, a favore dell’azienda che verrà quantificato in un accordo in forma privata. I giudici, infatti, hanno sottolineato come non basti aggiungere qualche elemento per far un prodotto proprio:

“aggiungere il famoso logo dell’occhio con le ciglia o qualche brillantino per rivendicare una pretesa autonomia creativa che si ridurrebbe di fatto all’estrosità conferita ai modelli dall’uso del glitter”.

Plagio della Ferragni, soddisfazione del presidente della Tecnica Group

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Soddisfatto, e non poco, anche il presidente della Tecnica Group, Alberto Zanatta, il figlio dell’ideatore Giancarlo: ora con questa nuova sentenza,  dopo quella del 2016, potrà far valere i suoi diritti anche contro  gli altri  “plagi” che si verificano in diversi Paesi.

“Ora abbiamo un’arma forte per difenderci contro i tanti falsi in circolazione. La prima sentenza era del 2016, ma questo passo è importante perché dopo due sentenze è improbabile che qualche giudice decida diversamente. E noi certo non intendiamo smettere di perseguire i concorrenti sleali. Forti della posizione acquisita in Italia, stiamo lavorando per controbattere i falsi venduti anche in altri Paesi, a cominciare da Francia e Germania.