#Tokyo2020 basket, Giulia Rulli: “Devi osare e credere nei tuoi sogni”

Ilaria Bucataio
  • Appassionata di TV e Gossip
  • Dott. in Scienze della comunicazione
09/07/2021

Manca davvero poco alla cerimonia inaugurale che darà il via alle Olimpiadi di Tokyo 2020, spostate di un anno a causa della pandemia. Protagoniste della massima competizione sportiva internazionale saranno anche le ragazze della Nazionale di Basket 3×3: abbiamo intervistato, in esclusiva, la cestita Giulia Rulli, che ci ha raccontato le sue sensazioni prima del grande evento. 

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Ancora qualche settimana e poi le Olimpiadi di Tokyo 2020, con un anno di ritardo a causa della pandemia, entreranno nel vivo: dal 23 luglio all’8 agosto ci saranno giornate intense ed emozionanti, dove gli atleti della squadra azzurra, capitanata dalla tiratrice a volo Jessica Rossi e dal ciclista Elia Viviani, sono pronti ad essere assoluti protagonisti.

Tra loro ci sarà anche la Nazionale di Basket 3×3 femminile, che ha conquistato la qualificazione lo scorso 6 giugno in una durissima gara contro l’Ungheria. Dopo l’impresa delle azzurre, Solodonna ha incontrato l’ala della nazionale, Giulia Rulli, romana, 185 cm, classe 1991, che ci ha raccontato le sue sensazioni prima della partenza.

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Tokyo 2020, per il mondo intero, avrà un significato speciale: il Covid ha rivoluzionato il concetto di aggregazione ma le Olimpiadi sono aggregazione. Pensi che la pressione sarà maggiore o riuscirete ad isolarvi vivendo l’evento solo come una vera festa dello sport?

La pandemia ha rivoluzionato e stravolto le nostre vite. Un esempio tangibile sono proprio queste Olimpiadi che, per la prima volta nella loro storia, sono state posticipate di un anno. Il Covid sarà sicuramente fonte di preoccupazione, anche perché sappiamo che, nel caso ci fosse un contagio all’interno della squadra, questo significherebbe essere automaticamente esclusi dal torneo. Al tempo stesso il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha preso tutte le precauzioni del caso, in modo da limitare il rischio di contagio al minimo. Comunque, credo proprio che quando saremo nel villaggio olimpico la nostra attenzione sarà focalizzata solo ed esclusivamente sulla competizione, così come è già avvenuto per i due tornei preolimpici.

Nel nostro paese il grande pubblico riscopre il mondo dello sport femminile solo durante le Olimpiadi: pensi che sia un problema culturale o i media hanno le loro responsabilità?

Credo che, in generale, lo sport femminile abbia molta meno visibilità dello sport declinato al maschile. Le origini di questo problema sono da ricondurre al retaggio culturale del nostro Paese, e anche ad una questione di tipo economico: lo sport maschile, avendo molto più pubblico rispetto a quello femminile, ottiene maggiori sponsorizzazioni e quindi ha più visibilità. E’ come un circolo vizioso.

Hai voglia di raccontare alle nostre lettrici una giornata tipo di una campionessa olimpica?

In realtà la mia giornata-tipo varia a seconda del momento della stagione in cui mi trovo. In questo momento, ad esempio, mi sto preparando per il raduno che precederà i giochi olimpici, quindi inizio con un allenamento di circa due ore e mezza al mattino presto, poi, in base ai vari impegni che ho, la giornata può svolgersi in maniera diversa. Seguo un master, svolgo un tirocinio in psicologia, ogni tanto mi concedo una scampagnata al mare e, soprattutto, ora che mi trovo a Roma dopo tanti mesi, cerco di trascorrere più tempo possibile in famiglia.

Sacrifici, sudore e tante delusioni: cosa o chi riesce a darti la forza per affrontare tutto questo?

Spesso sono proprio le delusioni a diventare benzina per migliorarsi, almeno questo è quello che è successo a me. Dopo due grandi delusioni ho raggiunto alcuni dei successi sportivi più importanti della mia carriera. Le vittorie, invece, sono quelle che danno un senso ai sacrifici e che ripagano la vita condotta da noi atleti, almeno fino al prossimo impegno sportivo!

Essere atleti per alcuni è solo un lavoro, per altri una fortuna e per molti un sogno: che consiglio vorresti regalare a chi ha deciso di intraprendere questo percorso così impegnativo?

Prima di tutto voglio dare un consiglio: non abbondonare il percorso di studi. La vita degli atleti, infatti, ha una durata piuttosto breve rispetto a lavori più canonici. Un atleta deve costruirsi e prepararsi un “dopo” e pensare bene al proprio futuro, perché quel momento arriva prima di quanto non vorremmo! Dal punto di vista sportivo, poi, un atleta deve avere tanta passione, voglia di migliorarsi e di ascoltare il più possibile tutto ciò che di tecnico e di tattico gli gravita attorno, sia che provenga dagli allenatori sia che arrivi dai compagni. Bisogna essere umili.

Sono tanti i sogni che un atleta prova a realizzare nella sua carriera: uno di questi siamo certi sia quello di poter partecipare alle Olimpiadi. Cos’hai provato nell’istante in cui hai conquistato questo traguardo incredibile?

Sì, le Olimpiadi per un atleta sono il sogno di una vita. Nel momento esatto in cui è terminata la partita che ci ha dato il ticket per Tokyo la prima sensazione provata è stata quella di incredulità. Subito dopo è subentrato quasi un senso di svuotamento: avevo dato tutto in campo, sia dal punto di vista fisico che da quello emotivo, ma la stanchezza era sparita di colpo e le emozioni erano così tante che mi sembrava che si sommassero annullandosi. Non riuscirei ad identificare un’emozione specifica se non l’euforia.

Se potessi tornare indietro e incontrare te stessa da piccola che consiglio ti daresti?

Di osare e credere nei miei sogni, anche in quelli più grandi. Non sai mai cosa può accadere: un giorno potrebbero inserire il basket 3×3 come nuova disciplina olimpica e tu potresti essere nella squadra che parte per le Olimpiadi.

C’è qualche rituale scaramantico che fai prima di scendere in campo?

Solo nelle partite di 3×3 prima di entrare in campo faccio almeno 5/6 salti sul posto, piegando le gambe fino a toccare il petto: mi danno la carica.

Essere donna e intraprendere una carriera nel mondo dello sport non è sempre facile, soprattutto se si sceglie uno sport che i mass media ritengono essere prerogativa del mondo maschile: come hai vissuto questo ingombrante pregiudizio?

Purtroppo non è solo un pregiudizio, perché ancora oggi le sportive donne non sono ritenute “professioniste”, anche se sulla carta si allenano e giocano come tali. Non possiedono, quindi, una serie di tutele che invece sono previste per i nostri colleghi maschi, come contributi, TFR ecc… e questo non accade solo nel basket. Credo che da questo punto di vista siano ancora tanti i passi avanti che lo sport femminile può e deve fare.

Se dovessi vincere la medaglia più bella ci prometti di fare qualcosa di veramente “pazzo”?

Un tatuaggio. Sembra banale, ma sono un po’ controtendenza. A 30 anni non ho neanche un tatuaggio, non perché non mi piacciano, ma perché non ho mai sentito la necessità di tatuare sulla mia pelle qualcosa che fosse per sempre. Questa invece credo che sarebbe una cosa che varrebbe la pena ricordare a lungo…