#Tokyo2020 Nuoto, Martina Carraro: “Non smettete di lavorare, di allenarvi e di crederci”

Ilaria Bucataio
  • Appassionata di TV e Gossip
  • Dott. in Scienze della comunicazione
20/07/2021

Ci stiamo avvicinando al grande appuntamento dell’estate: le Olimpiadi di Tokyo inizieranno il 23 luglio e, con un anno di ritardo, daranno la possibilità agli atleti di portare in alto l’onore del proprio paese. Tra le azzurre delle squadra di nuoto ci sarà anche Martina Carraro, che Solodonna ha incontrato per un’intervista esclusiva. 

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Manca davvero poco all’apertura delle Olimpiadi di Tokyo: dal 23 luglio all’8 agosto finalmente gli atleti avranno modo di gareggiare per il loro paese, con un anno di ritardo a causa del Covid-19. La squadra azzurra è pronta, quindi, a regalare grandi emozioni agli italiani in tutto gli sport, compreso il nuoto.

Solodonna, a pochi giorni dalla partenza per Tokyo, ha incontrato la nuotatrice italiana Martina Carraro classe 1993, oro agli Europei di Glasgow nel 2018, che ha ottenuto il pass olimpico nella categoria rana. La nuotatrice ha svelato le sue emozioni prima del grande evento.

 

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Tokyo 2020 arriva ad un anno di distanza rispetto alla programmazione ufficiale a causa del Covid-19, come hai vissuto questo periodo di attesa e quanto è stato complicato ritardare la preparazione dal punto di vista fisico?

Sicuramente abbiamo vissuto in maniera pesante questo periodo. Soprattutto per noi nuotatori, stare fuori dall’acqua per otto settimane è veramente un evento raro, in più non sono un’atleta giovanissima, quindi questo stop ha influito ancora di più in maniera negativa. Con il mio fidanzato Fabio Scozzoli, però, ci eravamo attrezzati in maniera ottima per affrontare il lockdown: ci eravamo preparati con una piccola palestra in garage e ci è servito molto per il rientro, perché non siamo ripartiti da zero.

Disputare un’Olimpiade è un sogno, ma anche una responsabilità, in quanto si rappresenta il proprio paese nell’evento sportivo principale a livello mondiale: come hai vissuto questo periodo di attesa e quanto è stato complicato ritardare la preparazione dal punto di vista fisico?

Sono molto razionale in questo, credo che sia un evento come molti altri che ho vissuto nella mia carriera. Sicuramente una volta arrivati lì si sentirà la trepidazione olimpica però per adesso mi sto allenando e preparando come fosse un Mondiale o un Europeo.

Quali sono stati i sacrifici più grandi che hai dovuto affrontare per arrivare fino a qui ed essere protagonista di un’Olimpiade?

Andare via da Genova a 18 anni è stato un grosso sacrificio soprattutto per mio padre, che doveva mantenere sia mia sorella che me, mentre ero in un’altra città. Per quanto mi riguarda, quindi, il sacrificio più grande è stare lontana dalla mia famiglia, anche se qui a Imola ho trovato davvero una seconda famiglia.

Nel tuo percorso sportivo ci sono stati dei momenti in cui hai avuto la sensazione di dover lottare maggiormente per ottenere i tuoi obiettivi e raggiungere traguardi importanti solo perché sei una donna?

Nel nuoto la maggior parte degli allenatori sono uomini. Il rapporto allenatore-atleta è sempre abbastanza impari perché si è sempre di fronte ad un uomo adulto, però non ho mai avuto problemi a dire la mia o a farmi sentire anche con un uomo più grande di me.

Quando eri piccola seguivi le Olimpiadi? Ricordi un momento che ti ha emozionato particolarmente quando eri solo una spettatrice (una gara, una medaglia, un atleta)?

L’unica Olimpiade che mi ricordo di aver seguito era Londra 2012. Ero in vacanza in Calabria da mia zia e andavo da una vicina di casa che aveva la televisione per vedere le Olimpiadi. Ricordo che guardavo tutti gli atleti con gli occhi a cuoricino. Come ogni atleta femmina della mia età, poter avere Federica Pellegrini come punto di riferimento è stato sicuramente un ottimo stimolo.

Ti senti di voler dire qualcosa alle bambine che questa volta ti guarderanno da casa e, magari, vorranno seguire le tue orme?

Direi: “Non smettete di lavorare, di allenarvi e di crederci”. Credo che se uno desidera davvero qualcosa nella vita, può ottenerlo.

Per la prima volta l’Italia ha scelto due portabandiera, un uomo, Elia Viviani, e una donna, Jessica Rossi: pensi sia un passo avanti decisivo per arrivare alla parità di genere, anche nel mondo dello sport?

Se si parla di questo evento in particolare, devo dire che non c’è stata mai disparità di genere, perché mi ricordo Federica Pellegrini e, in passato, anche Valentina Vezzali come portabandiera. In questo preciso ambito, quindi, non c’è stata differenza.

Ti va di raccontarci quale sarà la tua routine una volta arrivata nel villaggio olimpico che ospiterà tutti gli atleti italiani in vista delle gare?

La mia routine sarà molto semplice. Entreremo in questi grandissimi grattacieli e ognuno avrà la propria camerata con i compagni di nazionale. Ci si sveglierà la mattina e si andrà nella vasca gare o nella vasca di allenamento, dopodiché si tornerà nel villaggio olimpico dove ci sarà l’enorme dove si potrà mangiare. Con il Covid non so bene come saranno le regole, anche se sicuramente saranno molto rigide: non potremo mai uscire dal villaggio olimpico e dovremo avere pochi rapporti anche con gli altri atleti.

Se dovesse arrivare la tanto sognata medaglia hai già una dedica speciale da fare?

E’ una domanda che non si dovrebbe mai fare a un atleta! Se mai la vincerò e quando la vincerò, farò la mia dedica!